giovedì 23 ottobre 2025

IL MESSAGGIO di Bimba Landmann


La visita alla fiera dell'editoria BUCK FESTIVAL di Foggia è stata l'occasione per conoscere meglio le meravigliose opere della pluripremiata illustratrice Bimba Landmann, talentuosa autrice di stupendi albi illustrati, di cui conoscevo già le immaginifiche e potentissime Mappe delle mie emozioni (Camelozampa, 2019).
Tra le tante sue opere presenti sono stata letteralmente rapita da Noi Kodama (Camelozampa, 2024), un piccolo capolavoro di bellezza e di senso.
Ma ciò che mi ha definitivamente conquistato è stato l'albo Il Messaggio (Storiedichi Edizioni, 2025), perché rappresenta esattamente ciò che, nella mia pratica didattica, definisco "la capsula del tempo". L'idea l'ho tratta da un'attività descritta ampiamente in rete dal prof. Matteo Biagi e consiste sostanzialmente in questo: all'inizio dell'anno scolastico si assegna alla classe il compito di scrivere una lettera indirizzata "al me del futuro" e dopo aver raccolto e imbustato tutte le lettere, le si conservano fino alla fine dell'anno scolastico, quando saranno riaperte e condivise nel gruppo dei pari. Solitamente vengono fuori delle belle riflessioni, che spesso fanno sorridere e anche emozionare. E' una delle modalità che preferisco per iniziare a lavorare sulla scrittura in quanto empowerment e orientamento. 
L'albo Il Messaggio racconta proprio questo, a partire dall'incipit:

Cara me stessa del futuro, oggi ti penso.
E cerco di immaginarti tra vent’anni.
Tra cinquanta.
Da vecchia, con i capelli bianchi.
Ho delle domande da fare.
Credi ancora in te?
Ti vuoi bene?

E l'albo continua anche sul web, perché nell'ultima pagina c'è un QRcode che rimanda alla pagina dedicata ai "Nostri messaggi per il futuro", con le istruzioni per inviare il proprio. 
Una lettura poetica e potente, da utilizzare in classe per condurre alunni e alunne a discutere, scrivere, riflettere su se stessi, su ciò che vogliono diventare, sui piccoli e grandi valori della vita, sul tempo che passa, e su ciò che resta al di là di ciò che passa.


 

lunedì 13 ottobre 2025

Cos'era diventato il mondo


Il titolo di questo post corrisponde a quello del primo capitolo del libro di Saverio Tommasi Sogniamo più forte della paura e l'ho scelto perché negli ultimi giorni, per tutta una concausa di motivi (su cui non mi dilungo, ma basta leggere un quotidiano per capire), mi sembra di essere stata catapultata proprio in uno spazio-tempo analogo a quello in cui è ambientata la narrazione del romanzo. 
Un mondo in cui il discorso (anche pubblico, soprattutto pubblico) viene semplificato a detrimento di una complessità di lessico e di pensiero che invece è fondamentale per capirlo, quel mondo, e per capire anche le ingiustizie che lo pervadono. 
Tutto il discorso sui pro Pal, per fare solo un esempio (ce ne sarebbero tanti altri, ma è il più eclatante che mi viene in mente, perché più attuale), mi fa pensare troppo a "Cos'era diventato il mondo": un mondo fatto di discorsi brevi e di parole abbreviate, perché le persone avevano troppa fretta. Un mondo in cui le cose non si chiamano più con il proprio nome, ma si abbreviano le parole anche (e soprattutto) per non pronunciarlo, quel nome: e allora ciò che, quasi harrypottianamente, non deve essere nominato diventa, in tal modo, ciò che non deve essere nemmeno pensato, e quindi ciò che nemmeno esiste. L'abbreviazione diventa la negazione. 
Le parole, però, (nannimorettianamente parlando, ma non solo) sono troppo importanti e sono strettamente connesse con il pensiero, ma anche con la visione del mondo, con la sua comprensione (e non solo). Sono connesse con l'azione, con il nostro modo di costruirlo, il mondo. Sono capaci di generare circoli virtuosi o viziosi. E sono capaci di cambiarlo, il mondo, in meglio o in peggio.
Ecco perché è fondamentale lavorare tanto - in classe - sulle parole, sul lessico, sui lessici specifici e sulla lettura. Non solo per arricchire il lessico (sempre più povero) o l'enciclopedia mentale dei nostri discenti, ma anche per costruire pensiero, visione del mondo, comprensione, accettazione. Per scardinare pregiudizi. Per essere più gentili.