martedì 1 maggio 2018

Diomede.


Diomede
copia mutila da originale bronzeo di Kresilas (440-430 a.C.)
Gipsoteca di Monaco

La mia vita da eroe.
Ho vissuto molte avventure, ma la più importante è quella che vi sto per raccontare.
Sono Diomede, uno degli eroi dell’Iliade e dell’Odissea.
Dopo la guerra di Troia sono tornato a casa mia, precisamente in Grecia, ad Argo. Ma appena entrato in camera, ho trovato mia moglie con un altro uomo; così me ne sono andato insieme ai miei compagni più fidati e ho viaggiato molto attraverso il mare, finché sono sbarcato in Puglia.
Qui, con due enormi blocchi di pietra provenienti dalla distrutta rocca di Pergamo, ho creato il subappennino Dauno e il promontorio del Gargano, perché era mia intenzione arricchire la mia futura patria di bellezze naturali e rendere ancora più unico il suo già bellissimo mare. 
Da quest’impresa mi avanzarono tre piccole pietre: non sapevo cosa farne e così pensai di disfarmene lanciandole nel Mar Adriatico. Non mi sarei mai aspettato che sarebbero riemerse per andare a formare l’arcipelago delle famose ISOLE TREMITI, con l’isola di san Nicola, l’isola di Caprara e l’isola di san Domino. Esse sono anche conosciute con il nome di isole Diomedee, in mio onore. Quando sono andato ad esplorarle con la mia flotta, non sapevo che l’isola di San Nicola sarebbe diventata la mia tomba. 
Le isole Tremiti sono splendide e in passato sono state sede di monasteri e chiese, ma soprattutto sono state la mia ultima patria, dove sono morto di vecchiaia e dove giaccio sepolto. Ora esse sono meta di turismo e io le guardo e le custodisco dall’alto. 
Dopo la mia morte Afrodite, per compassione, ha trasformato i miei compagni in una specie di gabbiani che ancora oggi popolano le isole e vengono chiamati “diomedee”. Questi gabbiani emettono dei gemiti ogni notte oppure quando qualcuno di origini non greche si voglia avvicinare alla mia tomba.
Durante la mia vita in Puglia mi sono sposato con la figlia del re Dauno, ovvero Evippe. E ho fondato molte città: Vasto, Andria, Brindisi, Benevento, Arpi (presso l’attuale Foggia), Siponto (presso l’attuale Manfredonia), Canosa di Puglia, Ariano Irpino, San Severo, Venafro e Venosa.
Ora però vi racconto cosa è successo durante la guerra di Troia, affiancato dal mio compagno d’avventura, Ulisse, un uomo dall’agile mente, che cercava solo di tornare in patria.
Mi trovavo davanti alle mura della città chiamata Troia, talmente potente che era quasi impossibile batterla con la forza. Allora io e Ulisse escogitammo un inganno: facemmo costruire un marchingegno che poteva contenere tutto il nostro esercito, rimasto famoso nel corso dei secoli come il “CAVALLO DI TROIA”. Il nostro intento era farlo entrare in città per assaltarla e ci riuscimmo, mettendo in scena la nostra fuga e facendo credere ai troiani che il cavallo fosse un’offerta per la dea Atena.
Durante l’assalto alla città, mentre stavo cercando di rubare il Palladio, affrontai persino Afrodite e le procurai una ferita ad una mano. Allora lei si vendicò attraverso mia moglie che, al mio ritorno a casa, trovai con un altro uomo. 
Una famosa impresa che ho compiuto con Ulisse è stata proprio il furto del Palladio, ovvero una statua che rappresentava Pallade Atena. Eleno, l’indovino figlio di Priamo, aveva rivelato che il Palladio possedeva la virtù di proteggere Troia fino a quando fosse rimasto custodito dentro le sue mura. Allora io e Ulisse, con il nostro coraggio e astuzia, pensammo di rubarlo, così Troia non sarebbe stata più salva.
Nel canto XXVI dell’Inferno della Divina Commedia, anche Dante Alighieri parla di me e di Ulisse avvolti da una fiamma biforcuta, quando Ulisse iniziò a raccontare la sua ultima avventura, di lui e del suo equipaggio che partirono per il loro ultimo viaggio e attraversarono il confine del mondo conosciuto, ovvero “Le Colonne D’Ercole” (lo Stretto Di Gibilterra), e trovarono la morte dopo aver avvistato in lontananza la montagna del Purgatorio.
Dopo tante avventure tornai nella mia prima patria: la Grecia. 
E passai il resto dei miei giorni nella mia ultima patria: la Puglia.
Questa è la mia storia: la mia vita da eroe.
(Fernando, Federico B., Federico I.)

Diomede e le isole Tremiti.
Le Isole Tremiti si devono a un grande eroe della Grecia, ovvero Diomede. 
Secondo le leggende Diomede fu uno dei principali eroi della guerra di Troia e, inoltre, assunse un ruolo rilevante come fondatore di città e diffusore di civiltà, soprattutto lungo le coste del mare Adriatico. 
L’arcipelago delle Tremiti è formato dalle Isole di San Nicola, San Domino, Cretaccio e Capraia. Si narra che esse nacquero per mano di Diomede, quando gettò in mare tre giganteschi massi portati con sé da Troia e riemersi misteriosamente sotto forma di isole. 
Noi tre (Silvia, Francesca e Federica), alunne di 1^F, abbiamo avuto l’idea di fare un viaggio nel passato per verificare ciò che si narra e ciò che è realmente accaduto. Siamo andate alle Isole Tremiti e, dopo aver camminato per tanto tempo, abbiamo finalmente incontrato Diomede e gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia.
Lui ci ha portato sul Gargano, perché ci ha detto che la sua storia in Italia era iniziata da lì, dove si era guadagnato le simpatie del re Dauno, dopo avergli prestato valido aiuto nella guerra contro i Messapi. Come ricompensa per il suo aiuto, Diomede ebbe in sposa la dauna Evippe, figlia del re, che gli portò in dote parte della Puglia: quella terra che ancora oggi viene chiamata Daunia, costituita dal Subappenino Dauno, dal Gargano e dalla Capitanata. 
Diomede ci ha raccontato come sono andate le cose e come si svolse realmente il dialogo con il re Dauno:
Dauno: “Come posso ringraziarla e sdebitarmi per avermi aiutato nella guerra dei Messapi, contro cui avevo tanto bisogno di aiuto?”
Diomede: “Un valido modo per ringraziarmi sarebbe donarmi il suo regno: la Daunia!”
Dauno: “Certo! Come ho fatto a non pensarci? Posso anche darle la mia adorata figliola Evippe in sposa!”
Diomede ci ha poi raccontato che il matrimonio andò a buon fine e che, dopo tanto tempo, dopo aver vissuto a lungo e in pace, abbandonò il mondo dei vivi e fu seppellito sull’isola di San Nicola. 
La dea Afrodite, sua antica nemica, per compassione trasformò i suoi più fidati compagni in uccelli marini chiamati DIOMEDEE (da cui le ISOLE TREMITI hanno preso il nome). 
Si dice che le Diomedee custodiscano e bagnino con le loro lacrime la tomba dell’eroe greco. E si dice anche che, ogni volta che qualche persona non proveniente dalla Grecia si avvicina alla sua tomba, le Diomedee inizino ad impazzire e a piangere. Ma tutto questo non siamo riuscite a verificarlo.
(Silvia, Francesca, Federica)

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